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Secondo la Suprema Corte, per ottenere il risarcimento occorre accertare che i sistemi di sicurezza dell’Ente siano carenti
Nota dell’Avv. Andrea Basso
L’attesa riforma del Codice della Strada, attualmente in discussione al Senato per l’approvazione finale, promette di riformare i criteri di posizionamento ed installazione degli autovelox.
Tuttavia, in attesa che le modifiche normative entrino in vigore, la giurisprudenza continua a pronunciarsi su tali strumenti, chiarendo aspetti essenziali in merito all’omologazione e all’affidabilità degli stessi.
Il Giudice di Pace di Torino, con la sentenza n. 513 del 19 febbraio 2024, sotto allegata, si è pronunciata su un ricorso promosso dall’associazione Aldue Globoconsumatori Onlus avverso plurimi verbali elevati per la violazione dell’art. 142 comma 9 CdS, stante il rilevato superamento di oltre 40 km/h del limite.
Lamentava la ricorrente che l’apparecchio a postazione fissa fosse privo di adeguata segnalazione e sprovvisto di omologazione, con conseguente necessità di annullare i verbali impugnati.
Il Giudice ha accolto il ricorso ed ha annullato gli atti opposti, in quanto il Comune di Collegno, resistente, non ha dimostrato che l’apparecchio che ha elevato le sanzioni era stato omologato.
I documenti prodotti dal Comune riguardavano infatti la procedura di approvazione dell’autovelox da parte del MIT, che tuttavia è procedimento diverso da quello di omologazione: in particolare, mentre l’omologazione è un procedimento eseguito dal MISE, atto a verificare l’efficacia degli autovelox e la sua conformità a determinate caratteristiche tecniche, l’approvazione è “una mera “presa d’atto” della bontà di quanto sostenuto dall’impresa fornitrice dello strumento nella sua richiesta di approvazione”.
Pertanto, conclude il Giudice che “l’accertamento delle violazioni al limite di velocità deve essere effettuato con strumenti omologati; non essendo stata fornita la prova della presenza del predetto requisito dalla PA resistente, l’accertamento qui impugnato deve considerarsi illegittimo, non potendo considerarsi effettuato a mezzo di apparecchiatura conforme al dato testuale della norma (art. 142 c. 6 C.d.S.)”.
L’omologazione degli autovelox è stata altresì al centro di un’altra pronuncia favorevole ad un automobilista, emessa questa volta dal Giudice di Pace di Alessandria con sentenza n. 65 del 2 febbraio 2023.
L’automobilista, italiano attualmente residente all’estero, aveva impugnato, con l’ausilio di un’associazione per i consumatori, 13 verbali emanati dalla Polizia Provinciale di Alessandria per violazioni dei limiti di velocità.
Il ricorrente deduceva l’illiceità dei verbali per otto motivi, tra cui l’irregolarità e indeterminabilità della notifica, il fatto che le apparecchiature usate per l’accertamento non erano munite dell’omologazione rilasciata dal MISE ma soltanto di approvazione, l’assenza della taratura da parte di un ente accreditato e della funzionalità dell’apparecchio utilizzato, l’irregolarità della segnaletica di preavviso del controllo elettronico di velocità e la presunta incompetenza della Provincia di Alessandria.
Il Giudice di Pace di Alessandria ha accolto il ricorso, in primo luogo poiché i verbali sono stati notificati all’estero oltre il termine di 360 giorni dall’accertamento e non sono stati depositati né la ricevuta di accettazione né quella di avvenuta consegna relative alla notifica dei verbali a mezzo p.e.c.
Argomenta infatti il Giudice di Pace che “Nel caso in oggetto tuttavia, i verbali sono stati notificati al ricorrente a distanza di molto tempo dagli accertamenti delle presunte infrazioni contestate, pertanto non può certo considerarsi tutelato il suo diritto di difesa”.
Inoltre, i verbali impugnati non fanno menzione del decreto di omologazione, mentre la Provincia non ha prodotto in giudizio né il certificato di omologazione, né quello di approvazione, né tanto meno il decreto prefettizio sulle caratteristiche del tratto di strada in cui sono state accertate le infrazioni.
Perciò, ad avviso del Giudicante, gli accertamenti delle violazioni di cui ai verbali impugnati non possono considerarsi regolarmente eseguiti, poiché nei provvedimenti non vi è alcuna menzione del fatto che il sistema di rilevazione Celeritas EVO 1506 sia stato sottoposto a taratura e neppure è emersa in giudizio l’avvenuta esecuzione di adeguate verifiche di funzionalità per alcune delle apparecchiature utilizzate.
A fronte di tali carenze, l’annullamento di tutti i verbali impugnati è inevitabile e la Provincia è stata condannata a rimborsare al ricorrente il contributo unificato per € 98,00 e la marca da bollo per € 27,00.
In tema di omologazione degli autovelox, anche la Corte di Cassazione ha recentemente ribadito il proprio orientamento e, con ordinanza n. 3335 del 6 febbraio 2024, ha precisato che la prova circa l'affidabilità dell'apparecchio “non può essere fornita con mezzi diversi dalle certificazioni di omologazione e conformità; né la prova dell'esecuzione delle verifiche sulla funzionalità ed affidabilità dell'apparecchio è ricavabile dal verbale di accertamento, il quale "... non riveste fede privilegiata – e quindi non fa fede fino a querela di falso - in ordine all'attestazione, frutto di mera percezione sensoriale, degli agenti circa il corretto funzionamento dell'apparecchiatura, allorché e nell'istante in cui l'eccesso di velocità è rilevato".
Dunque, secondo i giudici di legittimità, in caso di contestazioni circa l'affidabilità dell'apparecchio, il Giudice è tenuto ad accertare se siano state effettuate le verifiche periodiche di funzionalità e di taratura previste per tutte le apparecchiature di misurazione della velocità.
Tutti i casi riportati nell’articolo sono stati favorevoli agli automobilisti e non ci resta che da attendere l’entrata in vigore della riforma promessa dal Ministero dei Trasporti per verificare l’evoluzione della disciplina sugli autovelox.
In allegato, la sentenza n. 513 del 19 febbraio 2024 del Giudice di Pace di Torino
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Giacomo Galeota
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