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Nota dell’Avv. Andrea Basso
Con la sentenza del 29 giugno 2023 n. 440, sotto allegata, il Tribunale di Prato ha fornito alcuni principi interessanti in tema di telecamere che immortalano gli spazi condominiali, con particolare riferimento al necessario bilanciamento tra il diritto alla sicurezza e quello alla privacy.
La vicenda in esame trae origine dall’atto di citazione notificato da una signora a due condomini, finalizzato ad ottenere la declaratoria di illegittimità dell’installazione di una telecamera negli spazi condominiali, con condanna alla rimozione della telecamera stessa e al risarcimento del danno subito.
Lamentava l’attrice che l’impianto di videosorveglianza installato dai due vicini condomini era posizionato in modo tale da inquadrare l’intero pianerottolo condominiale, il vano scale, l’ascensore e l’ingresso dell’abitazione della donna, con conseguente possibilità per i convenuti di spiare ogni movimento della famiglia dell’attrice e, pertanto, con illegittima intrusione nella vita privata e domestica della stessa.
Malgrado i numerosi solleciti da parte dell’Amministratore, i due condomini non avrebbero modificato la posizione della telecamera, con ciò ponendo in essere una grave violazione della privacy, anche tenuto conto della presenza dei figli minori dell’attrice, nonché una violazione delle regole civilistiche in tema di condominio, atteso che l’impianto di videosorveglianza inquadra zone di evidente uso comune.
I convenuti si sono costituiti in giudizio deducendo, in primo luogo, che l’installazione delle telecamere si era resa necessaria per ragioni di sicurezza, stante che l’attrice e i suoi familiari si erano in precedenza resi protagonisti di comportamenti molesti e persecutori nei loro confronti. Inoltre, ad avviso dei convenuti, trattandosi di videocamera privata installata da persone fisiche per esigenze personali, non era necessaria alcuna preventiva autorizzazione condominiale né, tanto meno, era applicabile la disciplina del Codice a Tutela della Privacy.
In ultimo, tenuto conto degli angusti spazi disponibili, la telecamera era stata installata nell’unico punto utile a videosorvegliare adeguatamente l’area antistante l’appartamento.
Respinte le istanze istruttorie delle parti e considerata la natura documentale del giudizio, il Giudice ha ritenuto la domanda attorea infondata e non meritevole di accoglimento.
Argomenta infatti il giudicante che, nel caso di specie, l’installazione della videosorveglianza è stata comunicata a tutti i condomini, che vi è un cartello che indica la presenza della telecamera e che la stessa non è rivolta appositamente in direzione dell’abitazione di parte attrice. Peraltro, il pianerottolo è di dimensioni molto piccole, tanto che i portoni delle abitazioni delle due parti sono posti l’uno accanto all’altro: è inevitabile perciò che la telecamera sia puntata nella stessa direzione, in quanto se fosse orientata diversamente non inquadrerebbe più per intero l’abitazione dei convenuti.
Il Giudice ha inoltre osservato che “la giurisprudenza di legittimità ha escluso la sussistenza del reato di cui all’art. 615 bis c.p. nel caso in cui un soggetto effettui riprese dell’area condominiale destinata a pianerottoli ovvero a scale condominiali, ovvero ancora a parcheggio e del relativo ingresso, trattandosi di luoghi che non possono assolvere la funzione di consentire l’esplicazione della vita privata al riparo da sguardi indiscreti (cfr. Cass. 34151/2017; Cass. 44156/2008)”, mentre “il Garante della Privacy non ha affermato, nel corso del tempo la sussistenza della violazione del diritto alla riservatezza tutte le volte in cui viene installata una telecamera sul pianerottolo di un condominio, dovendo, una volta osservate tutte le precauzioni del caso (comunicazione, cartello di avviso ampiamente visibile), contemperare tale diritto con il contrapposto diritto alla tutela della propria sicurezza ed incolumità”.
Dunque, secondo il Giudice, il motivo indicato dai convenuti per l’installazione della telecamera ha trovato riscontro nella documentazione in atti, oltre che nella mancata contestazione sul punto da parte dell’attrice: è infatti, pacifico che tra le parti in causa vi è un evidente astio reciproco, che ha portato, nel tempo, a porre in essere comportamenti di rilevanza penale.
In definitiva, nella fattispecie in esame “Il diritto alla sicurezza e alla incolumità dei convenuti appare, pertanto, prevalente nella sua tutela rispetto al diritto alla riservatezza di parte attrice, la quale non viene ripresa nell’ambito della propria vita privata”.
Per tali ragioni, stante l’assoluta genericità della domanda risarcitoria di parte attrice – priva di qualsivoglia supporto documentale – la domanda è stata respinta e l’attrice è stata condannata al pagamento delle spese processuali sostenute dai convenuti.
In allegato, la sentenza del Tribunale di Prato n. 440 del 29 giugno 2023
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Giacomo Galeota
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