Per la Suprema Corte, il confine tra le due fattispecie di reato è costituito dalla fine della convivenza
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Nota dell’Avv. Andrea Basso
Il Tribunale di Ascoli Piceno, con la sentenza n. 366 del 1 luglio 2021 sotto allegata, ha condannato una donna ucraina per il reato di abbandono di persone incapaci ex art. 591 c.p., poiché la stessa aveva abbandonato l’anziano marito, incapace di provvedere a se stesso.
Nel 2020, la donna era stata rinviata a giudizio per i reati di abbandono di persone incapaci, poiché avrebbe abbandonato l’anziano marito, di violazione degli obblighi di assistenza familiare ex art. 570, in quanto la stessa, allontanandosi dal tetto familiare, si sarebbe disinteressata dell’anziano marito, il quale necessitava di palese stato di bisogno e, infine, di appropriazione indebita ex art. 646 c.p. per essersi impossessata del mobilio presente nella casa condivisa con il marito, al fine di procurarsi un profitto.
Il giudizio, definito con rito abbreviato, era stato instaurato a seguito della denuncia-querela dell’anziano, il quale, nel 2012, aveva conosciuto l'imputata, all'epoca sua vicina di casa, ed aveva iniziato a frequentarla, in quanto rimasto vedovo e solo. Dopo un anno, la donna gli aveva proposto di sposarsi e l’uomo aveva acconsentito, per paura di trascorrere in solitudine gli ultimi anni di vita. Tuttavia, subito dopo le nozze, la donna aveva ricavato per sé una camera da letto separata e, durante la vita coniugale, l’anziano era stato spesso lasciato da solo in casa, pur non essendo in grado di uscire da solo o di provvedere autonomamente alle sue esigenze personali, mentre la donna gestiva in maniera esclusiva la pensione del marito.
Nel novembre 2019, l’uomo ha rinvenuto un biglietto della moglie e, dopo aver chiesto l’aiuto del vicino di casa e trascorsi diversi giorni senza avere notizie della donna, egli aveva chiesto l'intervento delle forze dell'ordine.
Gli agenti, accedendo all'appartamento, avevano constatato che non vi era denaro né provviste e che l’anziano era in buone condizioni di salute, oltre che capace di intendere e di volere. Inoltre, era emerso che l’imputata si era accordata con un’altra donna affinchè quest’ultima vigilasse sul marito durante la sua assenza, tuttavia l’imputata era partita senza darne alcuna comunicazione e senza lasciarle il denaro necessario a far fronte alle esigenze dell’uomo.
L’anziano, in sede di sommarie informazioni, aveva riferito che, circa un mese prima, l’imputata aveva comunicato la sua intenzione di recarsi il mese successivo in Ucraina ed aveva chiesto ad una famiglia conoscente di badare al marito, mentre lo stesso le aveva risposto che ne avrebbero riparlato in prossimità della partenza.
Peraltro, circa un mese dopo tali fatti, gli agenti intervenuti per la segnalazione di una lite, avevano trovato l’imputata nel proprio appartamento, mentre il marito era rimasto ospite della famiglia: in quella circostanza, la donna aveva esibito un foglio manoscritto, attestante l'accordo intercorso con tale famiglia, nel quale questi si impegnavano ad assistere l’anziano durante la sua assenza.
Successivamente, l’anziano ha sporto ulteriore querela nei confronti della moglie, lamentando che, all'inizio del mese di novembre 2019, la donna aveva svuotato il suo conto corrente, lasciandolo privo di denaro e cibo, tanto da indurlo a revocare la delega sul conto corrente in favore della stessa e a chiedere l'annullamento delle carte associate al conto. Inoltre, l’uomo sosteneva che la moglie avrebbe provveduto a mettere in vendita tutti gli arredi da lui acquistati a corredo della casa familiare, nonché gli effetti personali dello stesso.
Ricostruita la vicenda, il Giudice ha assolto l’imputata per i reati di cui al capo b) e al capo c), ritenendo invece sussistente la penale responsabilità dell’imputata per il reato di abbandono di incapace ex art. 591 c.p.
Dopo aver analizzato, con richiami alla giurisprudenza di legittimità, la predetta fattispecie di reato, il Giudice ha affermato che vi sono molteplici elementi probatori idonei a confermare che l'imputata, all'atto della partenza per l'Ucraina, si è allontanata dall'abitazione lasciandovi solo il marito, non autosufficiente, e senza avvisare alcuno, neppure i coniugi con i quali aveva concordato l'impegno a prestare assistenza all'anziano, peraltro con un accordo di dubbia autenticità.
Dunque, conclude il Giudice: “l'abbandono da parte della moglie ha esposto il (...) ad un pericolo per la propria incolumità, posto che, se è vero che l'uomo si trovava all'interno della propria abitazione, nondimeno in casa non vi era cibo né denaro, come rilevato dagli operanti; del resto, anche qualora egli ne avesse avuto disponibilità, non avrebbe potuto provvedere a prepararsi i pasti o a fare la spesa, attesa la sua non autosufficienza. Per di più, l'uomo aveva difficoltà anche a chiedere assistenza a terze persone, posto che le sue condizioni sono state scoperte soltanto in seguito all'invocazione, a gran voce, di aiuto, cui ha fatto seguito l'intervento dei vicini di casa. Infine, il medesimo è stato trovato in condizioni igieniche precarie, posto che presentava le unghie sanguinanti. Vi sono dunque plurimi elementi per ritenere che egli fosse esposto al pericolo, anche sono potenziale, di serio deperimento fisico, che avrebbe potuto comportare gravi conseguenze attesa la sua avanzata età; l'imputata era perfettamente a conoscenza delle condizioni del marito e, ciò nonostante, si è ugualmente determinata ad allontanarsi dall'abitazione senza affidarlo in carico, con carattere di effettività, a terzi soggetti. In tal modo ella ha assunto quantomeno il rischio del verificarsi dell'evento lesivo, con la conseguenza che si può ravvisare, in capo alla medesima, il dolo eventuale.”
Per quanto attiene invece il reato di appropriazione indebita, deve applicarsi la causa di esclusione della punibilità ex art. 649 c.p., secondo cui il fatto non è punibile se commesso dal coniuge non legalmente separato: nel caso di specie, all’epoca dei fatti i due erano ancora sposati, non rilevando la separazione di fatto intervenuta dopo il ritorno della donna in Italia.
Riguardo invece al reato di violazione di assistenza degli obblighi familiari, il giudicante ha ritenuto che l’imputata si sia semplicemente allontanata per poco più di un mese dal domicilio domestico per tornare nel Paese di origine, senza abbandonarlo. Ciò è comprensibile, tenuto conto che la donna è di origine straniera, non tornava nel proprio paese da più di tre anni e, in ogni caso, la stessa era rientrata nella propria abitazione terminato il soggiorno nel Paese di origine, manifestando così l'intenzione di proseguire la vita coniugale come da consuetudine. Dunque, non è possibile rinvenire gli estremi dell’abbandono del domicilio penalmente rilevante, stante che il breve ritorno all’estero dell’imputata non ha minato la coesione del nucleo familiare.
Alla luce di quanto esposto, il Giudice ha ritenuto che le attenuanti generiche dovessero prevalere rispetto all’aggravante ex art. 591 comma 4 c.p. - che comporta un aumento di pena se il reato è commesso dal coniuge – stante la limitata offensività del reato derivante dal fatto che l’anziano è stato trovato in buone condizioni di salute dagli agenti intervenuti.
Perciò, la donna è stata condannata alla pena di mesi due e giorni venti di reclusione, diminuita anche per via della scelta del rito, con sospensione condizionale della pena, oltre al pagamento delle spese processuali.
In allegato, la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno n. 866 del 1 luglio 2021
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Giacomo Galeota
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