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Nota del Dott. Andrea Basso
Con l'ordinanza n. 28629 del 26 settembre - 7 novembre 2019, la Terza Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione ha affrontato la questione della responsabilità professionale dell’avvocato per l’omesso invio di atti interruttivi del termine di prescrizione.
Secondo i giudici di legittimità, il legale è tenuto, in virtù dei propri obblighi professionali, ad informare il cliente circa la possibile prescrizione del diritto di cui è titolare e, per esigenze di tutela della posizione giuridica del proprio assistito, l’obbligo informativo sussiste per l’intera durata del mandato, nonché in caso di revoca, rinuncia o estinzione.
La controversia sottoposta allo scrutinio della Suprema Corte è relativa alla domanda avanzata da un cliente che ha citato in giudizio il suo ex legale, cui aveva conferito mandato per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti a seguito di un sinistro stradale, lamentando tuttavia che il professionista aveva fatto prescrivere il diritto al ristoro del danno biologico patito.
La domanda era stata respinta sia in primo grado sia in Corte d’Appello, argomentando, nello specifico, che non potesse essere addebitabile al legale alcuna colpa professionale in mancanza di specifico mandato. Infatti, dopo aver ottenuto il risarcimento dei danni materiali patiti in conseguenza del sinistro, l’assistito aveva rifiutato l'offerta transattiva formulata dalla controparte per il ristoro delle lesioni fisiche. A quel punto l'avvocato aveva suggerito al proprio cliente di procedere con una domanda giudiziale, senza però che quest’ultimo gli conferisse la necessaria procura.
Stante la soccombenza nei due gradi precedenti, il cliente ha pertanto presentato ricorso per cassazione nei confronti dell’avvocato e delle compagnie assicurative da questo chiamate.
Nel proprio iter logico, la Corte si muove nell’ambito della distinzione tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato e ribadisce che le obbligazioni relative all’esercizio di attività professionali rientrano nella prima categoria, nel senso che il professionista che assume l’incarico si impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato, non dovendo (né potendo) garantirne il conseguimento.
Nelle controversie in materia di responsabilità del professionista, alcun rilievo può avere il mancato conseguimento dell’obiettivo prefissato, in quanto oggetto di scrutinio deve essere la modalità di svolgimento dell’attività professionale, da valutarsi con riferimento alla diligenza del professionista di media attenzione e preparazione ex art. 1176 c.c., comma 2.
In tale ottica, porre in essere atti interruttivi della prescrizione del diritto del proprio assistito, non richiede particolari capacità tecniche, salvo casi particolari di incerto calcolo del termine, e pertanto rientra nell’ordinaria diligenza richiesta al legale.
Dunque, ad avviso degli Ermellini, la pronuncia della Corte Territoriale è da censurare nel punto in cui afferma che l'avvocato non era tenuto a compiere atti interruttivi della prescrizione e neppure avrebbe potuto senza specifica procura alle liti, stante la possibilità di interrompere i termini anche stragiudizialmente.
Peraltro, a tale valutazione deve aggiungersi che l’avvocato convenuto in giudizio non aveva neppure informato il proprio cliente in merito alla possibile prescrizione del diritto vantato dallo stesso. Richiamando la più importante giurisprudenza in materia di obblighi informativi dell’avvocato a tutela della posizione giuridica dell'assistito, la Cassazione precisa altresì che tali doveri connotano la responsabilità professionale del legale sin dal momento del conferimento dell’incarico e, siccome sono funzionali alla tutela del cliente, permangono anche nelle ipotesi di revoca, rinuncia o estinzione del mandato stesso, a prescindere dall’eventuale mancato rilascio della procura alle liti per agire giudizialmente.
Alla luce di tali argomentazioni, la Corte ha accolto il terzo motivo di ricorso, cassando la sentenza in relazione a quanto accolto con rinvio alla Corte d’Appello di Venezia.
In definitiva, il legale che non compie gli atti ricompresi nell'ordinaria diligenza richiesta al professionista, quali, ad esempio, quelli idonei ad interrompere il decorso della prescrizione, rischia la condanna al risarcimento dei danni in favore del proprio cliente.
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Giacomo Galeota
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