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Nota del Dott. Andrea Basso
Con la sentenza n. 32585 del 05 settembre 2022 sotto allegata, la Corte di Cassazione Penale ha stabilito che pubblicare sulla bacheca di Facebook espressioni di critica nei confronti della ex moglie del proprio compagno è esercizio legittimo del diritto di critica.
Il Tribunale di Trento aveva assolto in primo grado una donna dal reato di diffamazione ex art. 595 c.p., la quale avrebbe pubblicato, sul proprio profilo Facebook una serie di messaggi con cui invitava la ex moglie del proprio attuale compagno – parte civile nel procedimento penale - a trovare un'attività lavorativa e non pretendere un mantenimento.
La parte civile aveva quindi impugnato dinanzi alla Corte di appello di Trento la sentenza che, tuttavia, è stata confermata anche in secondo grado, ritenuta la sussistenza del requisito della continenza.
Contro tale sentenza la parte civile ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando che, per la giurisprudenza di legittimità, l'elemento oggettivo del reato di diffamazione sarebbe integrato nel caso d offese tra coniugi da parte di chi si oppone ai provvedimenti giudiziari di contenuto meramente economico. Inoltre, ad avviso della ricorrente, le espressioni utilizzate nel post pubblico sarebbero inutilmente umilianti per la persona offesa, dipinta come una mantenuta il cui diritto al mantenimento equivarrebbe ad un capriccio.
La Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.
Argomentano infatti gli Ermellini che i post asseritamente diffamatori devono ritenersi, a ben vedere, rientranti nell'ambito di una critica che esprime un risentimento, senza superare il limite della continenza.
Ad avviso della corte, “Si tratta di una polemica, pur attuata con toni aspri, ironici e sferzanti, ma che non trascendono nell'attacco personale gratuito e che appaiono pertinenti rispetti alla polemica in atto circa l'entità dell'importo dell'assegno di mantenimento”.
I predetti post, peraltro, erano stati pubblicati contemporaneamente al provvedimento con il quale la richiesta di revisione dell'assegno di mantenimento, inoltrata dall'ex marito – attuale compagno dell'imputata – era stata negata e, per tale ragione, ben possono manifestare la censura, da parte dell'imputata, per la decisione di confermare l'assegno di mantenimento già disposto.
Nel proprio iter logico, la Cassazione recepisce un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, secondo cui, nel valutare la continenza quale condizione necessaria per la legittimità dell'esercizio del diritto di critica, “si deve tener conto del complessivo contesto dialettico in cui si realizza la condotta e verificare se i toni utilizzati dall'agente, pur se aspri, forti e sferzanti, non siano meramente gratuiti e immotivatamente aggressivi dell'altrui reputazione, ma siano, invece, pertinenti al tema in discussione e proporzionati al fatto narrato ed al concetto da esprimere”.
L'inammissibilità del ricorso, dunque, discende da una valutazione complessiva del tenore dei post pubblicati su Facebook dall'imputata, che, come emerge dalla sentenza impugnata, non contengono mai l'espressione “mantenuta”.
Inoltre, il rigetto del ricorso comporta, a carico della parte civile, l'obbligo al pagamento delle spese del procedimento, al versamento della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende e, sulla scia degli insegnamenti della Corte, alla rifusione, in favore dell'imputata, delle spese sostenute nel presente grado, quantificate in complessivi € 3.600,00 oltre accessori di legge.
In allegato, la sentenza n. 32585 della Cassazione Penale, Sezione V, emessa in data 05 settembre 2022
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Giacomo Galeota
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