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La Corte di Cassazione sembra avere abbandonato definitivamente la posizione minoritaria che ancora il requisito dell'"attualità" nella valutazione del pericolo di reiterazione del reato anche alla verifica, da parte del giudice, delle immediate ed effettive possibilità di ricaduta da parte dell'indagato. E' quanto emerge dalla recente sentenza cautelare n. 11137/2020 della 2° sezione penale della Cassazione.
L'art. 2 della legge 47/2015 ha rimodulato l'art. 274, comma 1, lett. C) cpp, introducendo nuovi criteri di valutazione del presupposto del pericolo di recidivanza per l'indagato da sottoporre a misura cautelare.
In realtà non si tratta propriamente di criteri di giudizio "nuovi", visto che il legislatore del 2015 ha codificato di fatto criteri di valutazione già in essere nel diritto vivente.
La riforma prevede che il giudice della cautela deve valutare il concreto pericolo di reiterazione del reato e deve verificare che detto requisito cautelare sia anche attuale.
Il legislatore ha rafforzato il requisito della concretezza, già sussistente, con quello dell'attualità, cui aveva già fatto riferimento la giurisprudenza di legittimità, anche perché era già desumibile, nell'assetto normativo previgente, dall'art. 292, comma 2, lett. c), che richiedeva un rigoroso obbligo motivazionale in relazione all'attualità dell'esigenza cautelare, definita, da quella giurisprudenza di legittimità, come "riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati".
La riforma ha comunque un carattere innovativo, benché parziale, della disciplina precedente. L'attributo "attuale", infatti, conferisce al presupposto del pericolo di reiterazione del reato una connotazione più pregnante che consiste nella necessità, ai fini dell'applicazione di una misura cautelare, della certezza o, quanto meno, dell'alta probabilità che all'imputato si presentino effettivamente occasioni per compiere ulteriori delitti. Tali occasioni non devono essere meramente ipotetiche o astratte, ma almeno altamente probabili nel loro vicino verificarsi.
Proprio l'introduzione di questo nuovo requisito cautelare ha fatto sorgere non pochi problemi applicativi della norma, in relazione al corretto significato da attribuire al concetto di attualità.
In argomento si segnalano due orientamenti, uno minoritario ma più rigoroso, secondo cui, dopo l'introduzione legislativa di un espresso parametro normativo di attualità, non sarebbe più sufficiente, al fine di apprezzare le esigenze cautelari, ritenere, in termini di certezza o di alta probabilità, che l'imputato torni a delinquere qualora se ne presenti l'occasione, ma sarebbe altresì necessario, anzitutto, prevedere, negli stessi termini di certezza o di alta probabilità, che all'imputato si presenterà effettivamente un'occasione per compiere ulteriori delitti; l'altro indirizzo, maggioritario ma meno rigoroso, secondo cui il giudice deve effettuare una prognosi di commissioni di delitti analoghi, fondata su elementi concreti rivelatori di una continuità ed effettività del pericolo di reiterazione, attualizzata al momento della adozione della misura.
Anche le Sezioni Unite si sono pronunciate incidentalmente sulla questione, ed hanno affermato che il giudice, dopo le modifiche introdotte dalla legge 47/2015 deve valorizzare l'alta probabilità del determinarsi di occasioni favorevoli alla commissione di nuovi reati, tenuto conto delle circostanze di fatto in cui era maturato il delitto nonché della personalità trasgressiva del prevenuto, desunta dalla condotta pregressa che aveva già denotato un'apprezzabile ribellione ai precetti dell'autorità (Cass. S.U. n. 20769/2016).
La seconda sezione penale della Corte di Cassazione pare non condividere pienamente il pronunciamento incidentale delle SS.UU., optando per una interpretazione meno rigorosa dell'articolo 274, comma 1, lett. c) c.p.p.
Per i giudici della seconda sezione penale il requisito dell'attualità del pericolo, previsto dall'art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., non è equiparabile all'imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un'analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale; analisi che deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti.
Per i giudici nomofilattici, non è condivisibile l'orientamento minoritario che pretende dal giudice l'individuazione di occasioni "specifiche" di futura commissione del reato. E' preferibile, invece, l'indirizzo maggioritario e ormai prevalente espresso dalla Cassazione, per il quale il requisito dell'attualità del pericolo può sussistere anche quando l'indagato non disponga di effettive ed immediate opportunità di ricaduta, a condizione che il giudice compia una approfondita valutazione delle modalità del fatto, del contesto socio-ambientale in cui è avvenuto il fatto, della personalità dell'indagato e del tempo trascorso dal fatto.
Per tale via, la decisione di abbandonare l'opzione ermeneutica minoritaria valorizzata incidentalmente da quelle SS.UU. a favore dell'opzione ermeneutica meno restrittiva dell'art. 274, comma 1, lett. C) cpp, potrebbe vanificare di fatto la riforma del 2015, laddove al giudice non è più richiesta anche la rigorosa verifica della prova certa o dell'alta probabilità che all'imputato si presenti effettivamente l'occasione per compiere ulteriori delitti e salvo un auspicabile specifico intervento della Cassazione nella sua massima composizione.
Fonte: https://www.studiocataldi.it
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