Studio Legale Avv. Giacomo Galeota

Le registrazioni di nascosto al datore di lavoro e ai colleghi valgono come prova

Le registrazioni di nascosto al datore di lavoro e ai colleghi valgono come prova

Giacomo Galeota Giacomo Galeota • Pubblicato il 08 gennaio 2024

Il lavoratore ha diritto a costituirsi un mezzo di prova contro il datore di lavoro in una causa futura, se le registrazioni hanno il proposito di tutelare la propria posizione lavorativa e procurarsi una fonte di prova utile in giudizio

Giacomo Galeota
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Avvocato
Mi dedico all'attività professionale di Avvocato e, al contempo, all'attività divulgativa e formativa, pubblicando articoli e approfondimenti in materia di risarcimento danni, responsabilità civile, diritto penale e diritto di famiglia, partecipando ad eventi e corsi, organizzati in tutto il territorio nazionale, su tematiche attinenti alla protezione dei dati personali e sulle questioni di maggior interesse riguardanti il rapporto tra diritto e mondo del web e delle nuove tecnologie.
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Nota dell’Avv. Andrea Basso

 

Il Tribunale di Cassino, Sezione Lavoro, con ordinanza emessa in data 18/07/2022 e sotto allegata, si è pronunciato in merito al diritto, per il lavoratore, di avvalersi di strumenti di registrazione audio sul posto di lavoro, al fine di tutelare la propria posizione occupazionale.

La vicenda trae spunto da un ricorso presentato da un lavoratore presso la Sezione Lavoro del Tribunale di Cassino, a mezzo del quale si lamentavano condotte vessatorie ed illegittime poste in essere dal datore e confermate, tra le varie fonti di prova, anche da registrazioni audio effettuate con il telefono cellulare sul luogo di lavoro.

L'azienda si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso, anche considerando che le predette registrazioni erano contrarie al documento sottoscritto dal lavoratore quale titolare del trattamento dati personali ex art. 29 GDPR 679/2016 e pertanto erano inammissibili, oltre a configurare il reato di violazione della privacy ex art. 167 del Codice della Privacy.

Il Giudice del Lavoro, a scioglimento della riserva assunta in udienza, ha ammesso in giudizio i file audio allegati dal ricorrente, in quanto “i file audio offerti in comunicazione da parte ricorrente sono strettamente pertinenti e necessari alla prova delle condotte vessatorie asseritamente subite dal lavoratore in azienda e ritenute lesive dei propri diritti patrimoniali e della personalità per i quali invoca tutela con le domande formulate nelle conclusioni del ricorso.”

Argomenta infatti il giudice che, come chiarito dalla giurisprudenza in diverse occasioni (Cass. Civ. n. 12534/2019, n. 11322/2018 e n. 27424/2018), non è necessario il consenso dei presenti per utilizzare, con finalità difensive, le registrazioni di conversazioni tra un dipendente e i suoi colleghi sul luogo di lavoro, poiché è necessario bilanciare la riservatezza con la tutela giurisdizionale del diritto.

Dunque, secondo il principio della Suprema Corte, fatto proprio dal Giudice del Lavoro di Cassino, “è legittima, ed inidonea ad integrare un illecito disciplinare, la condotta del lavoratore che abbia effettuato tali registrazioni per tutelare la propria posizione all'interno dell'azienda e per precostituirsi un mezzo di prova, rispondendo la stessa, se pertinente alla tesi difensiva e non eccedente la sua finalità, alle necessità conseguenti al legittimo esercizio di un diritto”.

D'altronde, prosegue la Corte, anche dal punto di vista normativo è stata sancita la prevalenza del trattamento dei dati personali effettuati per ragioni di giustizia rispetto al diritto dell'interessato al trattamento dei propri dati (cd. Ius arcendi), qualora questi siano direttamente correlati alla trattazione giudiziaria di affari e di controversie.

In particolare, quanto appena esposto è stato sancito prima dal vecchio testo dell'art. 47 del D.Lgs. n. 196/2003 e, attualmente, dall'art. 2-undecies del medesimo decreto, introdotto dall'articolo 2, comma 1, lettera f), del D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101, contenente disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016.

A nulla rileva, secondo il Tribunale laziale, la circostanza dedotta dal ricorrente secondo cui il lavoratore non aveva mai impugnato buste paga o contestazioni disciplinari, né ha mai formalmente recriminato prima delle dimissioni, poiché tali circostanze ben possono ritenersi collegate ad una condizione di soggezione psicologica del lavoratore.

Alla luce di tali considerazioni, i file audio relativi alle registrazioni delle conversazioni tra lavoratore, colleghi e datore di lavoro sono state ritenute ammissibili, anche perché, contrariamente a quanto accade nel diritto penale, sono inutilizzabili solo le prove la cui acquisizione vada a ledere direttamente interessi costituzionalmente tutelati e libertà fondamentali della parte contro cui tali mezzi di prova vengono prodotti.

Dopo aver chiarito tale importante aspetto probatorio, il Giudice del Lavoro è ora chiamato a decidere nel merito.

 

In allegato, il testo dell'ordinanza Tribunale di Cassino – Sezione lavoro del 18/07/22

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La responsabilità civile rientra nella categoria più ampia delle responsabilità giuridiche. In particolare la locuzione ‘responsabilità civile’ ha un duplice significato: da un lato essa indica l’intero istituto composto dalle norme cui spetta il compito di individuare il soggetto tenuto a sopportare il costo della lesione ad un interesse altrui; dall’altro può essere considerata sinonimo della stessa obbligazione riparatoria imposta al soggetto responsabile.

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