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Nota del Dott. Andrea Basso
La Cassazione, con l'ordinanza n. 32095 del 5 novembre 2021 sotto allegata, è tornata ad occuparsi della responsabilità da cose in custodia ex art. 2051 c.c. in caso di sinistro stradale causato dalle pessime condizioni di manutenzione della pavimentazione stradale.
Rispetto alla copiosa giurisprudenza sul tema, tale ordinanza fornisce dei principi di diritto relativi all'ipotesi in cui l'elemento che ha materialmente causato la caduta, nel caso di specie un tombino, sia di proprietà di un ente terzo.
Nel 2009, un ragazzo minorenne di Agrigento, mentre si trovava alla guida dello scooter di proprietà del padre, aveva perso il controllo del mezzo, a causa di un tombino sconnesso e non segnalato, posto sopra una profonda buca del manto stradale.
I genitori avevano dunque citato in giudizio il Comune, chiedendo il risarcimento dei danni fisici patiti dal figlio, oltre che dei danni riportati dal motociclo. Dal canto suo, l'ente aveva negato ogni responsabilità, atteso che il tombino apparteneva alla società Girgenti acque, da ritenersi pertanto l'esclusiva responsabile del sinistro.
I giudici di primo grado hanno accolto la domanda ex art. 2051 c.c., riconoscendo un concorso di colpa a carico del minore nella misura del 50 per cento, ed hanno condannato il Comune al pagamento della somma di Euro 10.173,00 per i danni patiti dal ragazzo e di Euro 552,30 per i danni alla moto, oltre alle spese di giudizio.
Tuttavia, la pronuncia è stata impugnata sia dagli attori, con il conducente dello scooter divenuto nel frattempo maggiorenne, ed anche dal Comune in via incidentale, il quale ha insistito per l'integrazione del contraddittorio nei confronti della società proprietaria del tombino.
La Corte d'appello di Palermo ha dichiarato inammissibile l'appello incidentale, in quanto tardivamente proposto, ed ha accolto l'appello principale dei ricorrenti, riformando la sentenza di primo grado.
Nello specifico, i giudici d'appello hanno escluso la responsabilità concorsuale del conducente nel verificarsi del sinistro, in quanto, dalle prove testimoniali assunte, era emerso che il tombino in questione era sconnesso e non segnalato, che il ragazzo indossava il casco, che il faro della moto era acceso e che la strada era poco illuminata e segnata anche dalla presenza di brecciolino. Dunque, il Comune non aveva fornito prove in merito alla sussistenza del caso fortuito, di tal ché doveva ritenersi che il conducente della moto non avesse concorso in alcun modo nella determinazione del sinistro.
Avverso tale decisione, il Comune di Agrigento si è rivolto alla Cassazione, insistendo per la chiamata in giudizio della società proprietaria del tombino.
Malgrado ciò, anche i giudici di legittimità non hanno accolto il gravame proposto dall'ente.
In primo luogo, gli Ermellini hanno precisato che anche ad ammettere che vi possa essere una qualche responsabilità della società Girgenti acque, circostanza che non è stata provata in sede di merito, il Comune non può sottrarsi ad addebito di responsabilità, in quanto la strada teatro del sinistro appartiene al Comune di Agrigento.
Infatti, come affermato dalla Corte già con la sentenza n. 15882/2013 in tema di cantieri edili collocati sul suolo stradale, “qualora l'area di cantiere risulti completamente enucleata, delimitata ed affidata all'esclusiva custodia dell'appaltatore, con conseguente assoluto divieto su di essa del traffico veicolare e pedonale, dei danni subiti all'interno di questa area risponde esclusivamente l'appaltatore, che ne è l'unico custode. Allorquando, invece, l'area su cui vengono eseguiti i lavori e insiste il cantiere risulti ancora adibita al traffico e, quindi, utilizzata a fini di circolazione, denotando questa situazione la conservazione della custodia da parte dell'ente titolare della strada, sia pure insieme all'appaltatore, consegue che la responsabilità ai sensi dell'art. 2051 c.c. sussiste sia a carico dell'appaltatore che dell'ente “.
Da ciò discende che la società Girgenti acque potrebbe essere, al più, responsabilità in via solidale, ma la solidarietà passiva determina litisconsorzio facoltativo – e non necessario – di tal ché la mancata integrazione del contraddittorio non poteva essere rilevata d'ufficio dalla Corte d'appello. I danneggiati, quindi, hanno potuto legittimamente chiedere l'integrale risarcimento al Comune di Agrigento, fatta salva la possibilità per il Comune di agire in regresso, nei confronti della citata società, qualora ve ne siano i presupposti.
I giudici di legittimità hanno infine precisato che la sentenza impugnata “ha dimostrato di aver tenuto conto di tutti gli elementi emersi dall'istruttoria, con una serie di argomentazioni congruamente motivate e prive di lacune e contraddizioni logiche”.
Per tali ragioni, la Suprema Corte ha rigettato integralmente i motivi proposti dall'ente ricorrente, che è stato altresì condannato al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione, liquidate in € 3.200,00 totali.
La pronuncia appena esaminata si colloca nel solco delle precedenti in tema di attribuzione al Comune della responsabilità per i danni causati dalle strade comunali. A ciò deve aggiungersi che, qualora il sinistro si verifichi a causa della presenza di oggetti pericolosi, anche di proprietà di terzi, il Comune non può demandare la responsabilità al terzo, ma ha l'onere, in quanto custode, di eliminare tali situazioni di pericolo.
In allegato, il testo dell'ordinanza della Cassazione n. 32095 del 5 novembre 2021.
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Giacomo Galeota
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